L'immaginazione attiva - Ezia Palma Psicoterapeuta

Dott. Ezia Palma Psicologa, Psicoterapeuta.
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L’IMMAGINAZIONE ATTIVA E LA SAND PLAY THERAPY


La rappresentazione dell’evento psichico che il paziente inscena,
costruisce nella sabbia, rivela e dispiega qualcosa di più complesso rispetto
all’evento stesso; essa offre un materiale più armonioso, più ricco di valori
affettivi e più articolato nel senso che in essa appaiono simboli che
possono essere riferiti a un vissuto antico, cioè al passato, in un contesto
completamente nuovo e protetto; simboli che si riferiscono al quotidiano e
che contengono anche elementi del problema, cioè del sintomo; simboli
che hanno una valenza transferale e che hanno a che fare con la relazione
terapeutica, e simboli che alludono, anticipano la risposta cioè la via da
percorrere per procedere nel percorso di individuazione (F. Montecchi,
1995, 19997). In essa appaiono anche simboli che rimandano a quelle
forme di immagini primitive, arcaiche già esistenti alla mente, a quelle
forme primarie e più profonde della psiche dove opera una “animazione
inconsciente dell’archetipo” (C. G. Jung, 1935).
Sono tutti contenuti che ritroviamo nei sogni che il paziente porta in
analisi, ma a differenza del sogno il lavoro con le sabbie evidenzia anche
qualcosa di diverso, in ragione del fatto che il paziente racconta di sé senza
il tramite del sapere del terapeuta poiché è la sua fantasia che opera: è ciò
che agisce in lui che crea una sorte d’incontro ravvicinato tra l’Io e
l’inconscio. L’autocreazione scenica avviene con un “Io desto”, anche se
non consapevole, che partecipa in diretto confronto con i complessi
psichici sul terreno della fantasia, la personalità conscia e quella inconscia
del soggetto che costruisce, confluiscono in un prodotto che è comune ad
ambedue e che le unifica. Conscio e inconscio si mescolano, si fondono, si
ricongiungono, si parlano come dice De Luca Comandini su una scena
comune dando luogo alla risoluzione degli opposti (F. De Luca
Comandini, 1992). Crea inoltre una evoluzione immaginifica, attraverso il
divenire del processo, innescando una continuità creativa tesa verso il Sé.
Sono elementi questi che rendono avvicinabile il “Gioco della sabbia”,
anche se ben distinto, all’immaginazione attiva di cui parla Jung. Inoltre la
condivisione delle fantasie creatrici del paziente, che si esplica attraverso
la materializzazione della materia inconscia, rappresentata nella e con la
costruzione della scena in presenza del terapeuta, rende il contenuto
inconscio meno drammatico rispetto al sogno e quindi più sostenibile-
comprensibile dal paziente stesso (Gruppo di ricerca, Zollikon, 2000, M.
Kalff).
L’esperienza che il paziente fa attraverso l’atto creativo del fare, cioè
costruire la scena, non richiede né significato, né spiegazioni, né tanto
meno interpretazioni, è una raffigurazione che non viene mai interpretata
dal terapeuta, come dice Dora Kalff: “ Non è necessario esternare al
paziente le sue esperienze transpersonali per integrarle nella vita di tutti i
giorni. L’integrazione segue un corso interiore che si esplica attraverso
l’evoluzione del processo, il quale si muove verso lo sviluppo di nuove
energie prima sconosciute e che si manifestano all’improvviso cambiando
la consapevolezza rispetto alla vita di tutti i giorni” (D. Kalff, 1974).
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