Dietro la maschera - Ezia Palma Psicoterapeuta

Dott. Ezia Palma Psicologa, Psicoterapeuta.
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DIETRO LA MASCHERA: Il CAOS….
 
VUOTO NEGATO NELLA SABBIERA TROPPO PIENA


 
 
 
Uno dei tanti modi con cui la “maschera” si può presentare in un processo di Sandpaly, è il “troppo pieno- caos”.
Spesso noi terapeuti che lavoriamo con la Sandplay, ci troviamo di fronte a scene di sabbie caotiche, disarticolate, confuse e stracolme di oggetti. Spesso non comprendiamo come gestire le dinamiche caotiche che sottintendono un vuoto troppo pieno di dinamiche interne ed esterne.  Spesso ci troviamo catapultati nella confusione e nel disorientamento del paziente che ci trascina nella sua sofferenza  priva, apparentemente, di senso e alla quale ci approcciamo nel tentativo di costruire insieme un significato, un ordine, una logica, una elaborazione per dare senso, e trasformare  il vuoto insensato che sta dietro al caos, al groviglio mentale, a quelle ombre interiori che in senso lato hanno sempre a che fare con l’angoscia di perdita e di morte.
Il caos con cui si manifesta la prima materia all’inizio di un percorso analitico, può disorientare il terapeuta a tal punto da  far scaturire, in lui, la paura di non essere in grado di gestire la confusione-caos del paziente. Il rischio che tale situazione presenta è quello  di perdersi in una comune inconscietà e di essere trascinato in una contaminazione che può compromettere fin dall’inizio il percorso terapeutico.
Il rischio di contaminazione del terapeuta da parte del paziente può essere forte poiché vengono a essere toccati complessi molto profondi anche del terapeuta. Il terapeuta e il paziente si trovano a condividere la materia -  i sentimenti, gli impulsi, le ansie, cioè la dimensione istintiva dello psichico, essi vengono a trovarsi in una comunanza con l’inconscio indifferenziato, l’Ombra, in forma di ansia nebulosa, inarticolata e grezza. Quest’Ombra quasi sopraffa il paziente e può insinuarsi nel terapeuta, Jung lo chiama << il primo incontro con se stessi >>  e lo colloca a un          << passaggio per la valle dell’Ombra >>. Jung parla di  “ prima materia  una situazione psichica iniziale, espressa con termini quali Caos, massa confusa”, disordine e disorientamento (1929, 1951).
Possiamo dire che all’inizio di un percorso terapeutico che sia verbale o con la Sandplay, la prima materia psichica si presenta quasi sempre come massa confusa disorientata e disorientante. La differenza tra le due modalità sta nel fatto che nelle scene di sabbia noi vediamo concretamente il caos, veniamo travolti dalle immagini e dalla loro potenza evocativa, vediamo per così dire i fantasmi nell’opera concreta e per questo forse anche più trascinante.
Possiamo guardare il troppo pieno come una maschera, una specie di travestimento, una forma di facciata che nasconde, cela o inganna e che si presenta in tutta la sua potenza distruttiva. E’ la materia informe che Jung indica con il termine Persona, quel caos da cui potrà originare, potrà prendere forma la vera personalità.   La Persona vista come l’espressione creativa della necessità di dare sostanza e visibilità alla pluralità delle proprie maschere, ma anche un manifesto psicologico con il quale dare un corpo e una rappresentazione alle proprie ansie, insicurezze, lacerazioni.
La Persona è pensata da Jung come un complicato sistema di relazioni fra la coscienza individuale e la società. Una specie quindi di maschera che serve da un lato a fare una determinata impressione sugli altri, dall’altro a nascondere la vera natura dell’individuo. Quanto più il mondo spinge l’individuo a identificarsi con la maschera, tanto più l’individuo è dato in preda alle influenze interiori che confondono la propria identità, annientano la coscienza creando una pericolosa confusione. In questa   dimensione psichica si animano, si travestono i fantasmi del mondo interiore, come definisce la Stroppa quei moti dell’anima  che non riescono a collocarsi su un  giusto percorso, a tal proposito dice:  “Non sono entità oggettive, ma illusioni. Alcuni  operano per indicare la strada che traghetta l’Io oltre il vuoto, altri arrancano alla cieca e la loro azione risulta distruttiva” ( C. Stroppa, 2013). In tal senso possiamo vedere le sabbie stracolme di oggetti, come una moltitudine di fantasmi- maschere che emergono dalla profondità della psiche in modo confuso, disorganizzato, disorientato e disorientante anche per il terapeuta.
Un altro rischio insito nel caos, del troppo pieno del paziente, è che il terapeuta diventi “complice” delle forze inconsce del paziente e ciò farebbe sì che terapeuta e paziente potrebbero fondersi, a un certo livello, in un isolamento completo e, ad un livello più profondo, in un indifferenziato matrimonio inconscio nell’oscurità.
Il terapeuta per non perdersi nell’angoscia della contaminazione deve fare una scelta risoluta, dice Jung: <<decidere consapevolmente di non cadere vittima dell’Ombra >> (C. G. Jung, 1929-1951).
W. B. Goodheart afferma che per resistere all’ansia e alle spinte inconsce di questi momenti, al terapeuta viene chiesto un atto conscio, energetico e intenzionale che tenti di collegare conscio e inconscio, cercando un’integrazione grazie al corredo di immagini usati dal paziente nel sogno o nella scena di sabbia,  resistendo alle pressioni impersonali che provengono dall’inconscio del paziente, mantenendo una posizione quale terapeuta alchemico e guardiano dei simboli (W. B. Goodheart, (1980).
E’ necessario che l’Ombra guidata dall’ansia abbia un contenitore, temenos protettivo nel quale diventerà possibile affrontare l’inconscio. Jung insiste sul fatto che l’instaurazione di uno spazio protetto e confinato sembra un prerequisito fondamentale per un uso fruttuoso dell’immaginatio. L’immaginatio, dice Jung si attua soltanto all’interno di uno spazio particolare e sacro.
L’importanza dello spazio libero e protetto della sabbiera e della relazione terapeutica, dell’atteggiamento del terapeuta secondo quanto indicato da Dora Kalff, è fondamentale poiché questo spazio protetto ha bisogno di essere salvaguardato e di essere tracciato dalla coscienza attenta, devota e ponderata del terapeuta, consapevole delle sue qualità e della sua enorme fragilità. Il terapeuta con il significato e le implicazioni dei propri interventi, attraverso il transfert e controtransfert è coinvolto coscientemente nel tracciare un circolo protettivo per consentire all’immaginatio di attuarsi con sicurezza.
Il processo arduo e doloroso di stare con la massa confusa, il caos, e di elevare il nebuloso a significativo, di trovare immagini e parole, di creare un matrimonio comunicativo con la prima materia che sta cominciando a emergere qui e ora tra paziente e terapeuta in forma di ansia, è un processo complesso, difficile e doloroso per entrambi.
Le sabbie troppo piene di oggetti, di solito, sono fatte dai bambini, anche se non tutti usano questa modalità per rappresentare il proprio mondo interno.
Un altro aspetto che abbiamo notato è che il troppo pieno si esprime quasi sempre all’inizio della terapia ed a volte nelle fasi di passaggio, quando l’Io non si è ancora fortificato. Quando l’Io cioè è ancora sotto lo strapotere dell’inconscio e quindi minacciato dall’inconscio stesso, in cui c’è il rischio di una regressione mortifera come può essere il desiderio da parte del paziente, di ritornare allo stato uroborico di cui parla Neumann, un ritorno che indica con il termine incesto uroborico. In Storia delle Origini della Coscienza Neumann dice: <<L’incesto uroborico è una forma di ingresso nella grande madre, di unione con lei. Questo ritorno alla grande madre che accoglie a sé il piccolo bambino è sempre visto come segno di morte, di dissoluzione – Caverna, sepolcro, sarcofago, bara sono i simboli di questo rito di riunione>>. Può accadere che nelle prime sabbie di un percorso terapeutico appaiono oggetti come sarcofago o bara, come vedremo in uno dei casi che saranno esposti.
Il caos con cui la materia prima si presenta nelle sabbie può essere rapportato o determinato dalla mancanza di una relazione primaria accogliente e contenitrice. Mancando un contenitore, un filtro in grado di rispecchiare i bisogni primari del bambino, l’impatto con il mondo oggettuale crea disorientamento e confusione. Un madre non sufficientemente nutriente può creare nel figlio una ricerca affannosa di nutrimento, una sorta di ingordigia, un “non è mai abbastanza” proprio come accade ai pazienti che fanno un uso spropositato di oggetti nella sabbiera. Visto come possibilità di “saziare”,  soddisfare un bisogno primario. Una madre disorientata, confusa, impaurita può trasmettere il vuoto come senso di morte e di annientamento.
L’assenza di un contenimento adeguato gettano generalmente le basi di una successiva psicopatologia, come i problemi di ansia e vari disturbi del carattere.
Se la madre occupa il centro simbolico del primo stadio individuativi, il padre assume la stessa posizione nel secondo stadio, la trasformazione avviene gradualmente per necessità psicologica. L’Io in crescita ha bisogno del padre per guadagnarsi la libertà dal contenimento accudente offerto dalla madre e perché gli stilli il rigore di funzionamento e di prestazioni richiesto per l’adattamento al mondo.
Laddove il primo stadio dell’individuazione è caratterizzato dal contenimento e dall’accudimento, il secondo è governato dalla legge di consequenzialità per le azioni intraprese, dalla richiesta costante di prestazioni e successi nel mondo più ampio. All’Io è richiesto di essere realistico nei confronti propri e del mondo in generale. Ciò significa adattamento e competizione. Secondo Murray Stein la richiesta di prestazioni e di successi non dovrebbero essere fatte gravare sulla vita energeticamente o troppo presto. Se ciò accade, l’Io del bambino può essere schiacciato o sconvolto dall’ansia. Se invece nella fase del contenimento e dell’accudimento del bambino vengono introdotte troppo poche richieste di prestazioni e successi, e se non vengono tratte delle conseguenze rispetto al comportamento, l’Io non si abitua ad affrontare lo stress e la tensione e sarà impreparato nei confronti delle richieste e delle aspettative del successivo stadio dell’individuazione. La crescita dell’Io dice Murray Stein è possibile attraverso un moderato ammontare di frustrazioni e di tensioni, da impartire nei momenti giusti e nella giusta misura.
Ritornando al caos nelle sabbie dobbiamo dire che esso è soggetto a coppie di contrari, l’opposto del caos è l’ordine. Jung nel suo scritto la Funzione Trascendente dice che gli opposti sono sempre insieme, anche se a volte emerge un solo aspetto, altre volte emerge l’altro fino a congiungersi. Nel caos quindi c’è anche l’ordine, un ordine apparentemente nascosto in cui si evidenziano elementi  creativi; Jung dice: << Ciò che è visto come distruttività può essere  compreso come una  ricerca del centro >>, quindi come una possibilità di esprimere arte e creatività se pur in forma disorganizzata e caotica.
Di Palma Ezia, Nunzia Officioso, Alessandra Guarino Amato)
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